lunedì, 11 agosto 2008
DISCORDANZE – OVVERO DEL DON GIUSSANI SENZA MIRACOLI
Su questo blog sonnolento, in attesa di…”risurrezione”, una pagina tagliente, sferzante, che ho scoperto solo ora e che so farà piacere a più d’un detrattore, in pieno agosto non può fare che bene a tutti.

Ma per non stare silenzioso, politicamente equidistante, dirò che un’idea me la sono fatta e trovo anche che stenta a passare. Non è roba mia. A marcarla con forza è proprio l’Apostolo Paolo nella prima ai Corinti. Egli dà prova di aver capito ciò che tanti di noi non capiranno mai in vita, come dimostra la storia. E’ lì che, almeno i credenti, dovrebbero periodicamente, singolarmente e comunitariamente tornare per una revisione e da lì ripartire rinfrancati, rigorosi con sè stessi e comprensivi con gl’altri. E’ il solo modo per far cadere gl’integralismi di ogni segno.
Paolo, attento osservatore del comportamento umano e, con occhi di gufo, fortemente illuminato dallo Spirito, vede molto lucidamente come sogliono andare le cose:
- Mentre l’uomo, la sapienza psichica di questo mondo (1Cor 2,6), (laica non necessariamente nel senso di laicistica) lavora, con la sincerità di cui è capace, per la umanizzazione del mondo al fine di liberare l’uomo,
- il discepolo di Gesù (l’uomo pneumatico) è messo a parte dallo Spirito di Dio di un progetto di salvezza – liberazione -dell’uomo, che è propriamente divino, e che nessun occhio, né orecchio, né cuore “laico” può mai arrivare a sospettare e ad apprezzare (1 Cor 2,9).
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L’uomo psichico è giunto a concepire che si può liberare l’uomo, mediante la umanizzazione del mondo, della società, delle sue strutture, delle relazioni sociali e internazionali;
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Lo Spirito insegna a discernere e a non confondere (1Tess. 5,19-22): non un mondo più umano può davvero liberare l’uomo, ma solamente uomini diventati figli di Dio nel Figlio unico possono liberare il mondo.
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Essi credono che non c’è da attendere che il mondo -società, stati, famiglie, ambienti, comunità, ospedali– sia disinquinato, per cominciare a vivere da uomini.
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Lo Spirito di Dio dà forza per cominciare oggi, ADESSO a vivere da figli di Dio, dovunque ci si trovi (Lc 10, 28-37).
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“Il cristiano maturo ricorda quanti mali sono derivati, nella storia, all’umanità, alla chiesa,
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dalla confusione della psiche e dello Spirito,
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delle parole di Spirito con le parole di sapienza umana,
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delle imprese destinate alla “polis” degli uomini e di quelle concernenti la Chiesa di Dio, Sposa di Gesù”. (F.Rossi de Gasperis s.j).
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E’ morto un uomo storico, hegelianamente storico, uno dei protagonisti di un passaggio importante della storia del nostro Paese, ma non è morto il cappellano d’Italia, il padre spirituale di tutti noi.
In Italia c’è l’abitudine di distogliere lo sguardo dagli occhi della morte. Sempre, davanti a un morto, si parla d’altro, mai di lui. Nel caso di don Giussani, la morte ha transustanziato la realtà viva.
E così da finissimo politico combattente, da ispirato pastore d’anime, da coltissimo organizzatore di potere, da reclutatore di talenti, don Giussani è diventato un candidato alla santità, il nuovo patrono che, a destra e a sinistra, laici e religiosi, fedeli e infedeli, deformano nell’ultimo doveroso saluto. Ma don Giussani, profondo e sincero, pedagogo e amorevole, era e rimane il leader di una minoranza antimoderna.
E, se fosse davvero severo e misericordioso, generoso e giusto, come lo immaginava lui, Dio, dopo averlo accolto in Paradiso e fatto accomodare alla sua destra, già adesso starebbe chiedendogli conto anche delle lucrose attività della sua Compagnia delle Opere, di quel gran fumo di clericalismo simoniaco, di presunte truffe, di denunzie, di scandali e di processi penali che ha accompagnato il miracolo economico di don Giussani, dalle mense scolastiche di Roma alla Cascina San Bernardo di Milano, dai parcheggi ai cibi precotti e avariati, sino all’affaraccio di Oil for Food e al ruolo di Formigoni, sino alle suggestioni letterarie del Codice da Vinci.
Certamente il Dio che immaginiamo noi laici, così diverso dal raggio di sole caravaggesco che tanto gli piaceva, il Dio che non è sole di tragedia ma dolcezza privata, non sensazioni trionfali e scoppi di luce ma atmosfere rarefatte e solidarietà intellettuali, non esplosioni ma implosioni, il Dio che si nasconde e non si mostra, certamente questo Dio perdonerebbe l’appoggio spirituale che lui, così onesto, diede alla peggiore Dc, quella romana delle tangenti, e quella della Sicilia complice della mafia, allo squalo Sbardella e al contiguo Salvo Lima.
Secondo noi, Dio si è già messo a conversare con lui, non della Madonna dantesca e neppure del Cristo leopardiano, perché di quelli c’era già tutto sui giornali italiani di ieri, ma di quell’estremismo all’incontrario che rappresentò e continua a rappresentare Comunione e liberazione, versione cattolica integralista della rivolta generazionale di sinistra. Fu l’altra faccia del sessantotto, quel che lo rende chiaramente comprensibile, estremismo contro estremismo, Jaca Book contro Feltrinelli e Savelli, Rocco Buttiglione contro Franco Fortini, i cori dell’Antoniano contro l’anarchico ferroviere di Guccini, e anche, se permettete, Cristo contro Cristo. Al nostro Cristo infatti, che era confusamente costruito su una ideologia di liberazione guerrigliera e di preti operai, loro opponevano un Cristo da Torquemada. E non è vero che la nostra era ideologia e la loro era devozione. Il nostro Cristo era vivo almeno quanto il loro.
Sicuramente il nostro Cristo era ideologia, ma anche quello di don Giussani era ideologia. Ecco: ideologia contro ideologia, specchio rovesciato di tutto quel mal di vivere e di quel disadattamento in cui nessuno voleva stare, emigrando a salti e a piroette nelle paranoie politiche o religiose, nelle milizie combattenti per il proletariato o per Dio.
Ieri, solo su La Croix, che è il giornale ufficiale della Chiesa cattolica in Francia, come lo è Avvenire in Italia, di don Giussani è stato scritto nel titolone che “incarnò l’integralismo”.
E’ vero infatti che don Giussani si batteva contro la scristianizzazione dell’Italia e della stessa Chiesa, ma chi ha stabilito che il Cristo è quello di don Giussani? Quale visione di Fatima ha rivelato che il Cristo è un militante politico, un editore, un industriale, un prete filosofo, un fustigatore, un moralista, un sessuofobo, un classificatore di peccati? Eppure i seguaci italiani di don Giussani ancora nella camera ardente raccontavano e scrivevano di miracoli, e del sangue di San Gennaro che si è liquefatto per lui.
I pur bravi e simpatici giornalisti Antonio Socci e Renato Farina addirittura preannunciano altri miracoli “nei prossimi giorni”. E si capisce subito che gli epigoni di don Giussani non solo non gli somigliano, ma sono tutti dentro quel cliché di svettante bigottismo che Totò parodiava espressionisticamente con un segno della croce che era strabuzzio d’occhi, compunzione immusonita, agitazione di braccia, la mano con le dita strette a becco che convulsamente correva dalla fronte alle spalle…
Per Totò il bigottismo era il rovescio della religione che per contrappasso poteva essere rappresentato solo parodisticamente. Tutto questo parlare di miracoli, di sangue e sanguinaccio, di lacrime usate al posto dell’inchiostro, è di nuovo estremismo, spettacolo sciita, pasqua santa da processione paganeggiante, è ancora quell’estremismo al contrario di cui in fondo la nostra generazione ha saputo liberarsi mentre loro, che si credono “salvati”, ancora non ci riescono.
Noi piangiamo in privato e non lo raccontiamo a nessuno, non abbiamo bisogno di prefiche per gridare il dolore. E abbiamo tutti i nostri padri spirituali, e spesso li cambiamo perché anche i padri invecchiano: oggi Musil e domani Colletti, ieri Feyerabend e l’altro ieri Marx, e ancora il cattolico Manzoni e il radicale Sciascia, don Milani e Bobbio, Gassman e Montanelli, Calvino e Papa Giovanni. E da Gramsci siamo arrivati sino a De Felice… Mai però ci siamo inventati miracoli. Noi non ci attarantoliamo.
E rispettiamo anche don Giussani perché rispettiamo la storia, senza miracoli e senza monumenti, rispettiamo l’uomo che tante volte da avversario ci ha dato da pensare, ci ha offerto provocazioni su cui riflettere e, con i suoi estremismi, ci ha fatto pure sorridere. I suoi epigoni invece banalizzano lui e annoiano noi. F. MERLO
Almeno un punto di convergenza: LE VETTE.
Mentre la mente ritorna sul pensiero di Merlo, gl’occhi c’immergono nel silenzio estatico della natura maestosa, misteriosa e adorante. Ci sentiamo piccini piccini…Eppeò siamo stati creati “paulo minu ab angelis“
L’arrivo della bidonvia sulla Marmolada dal Lago Fedaia
Zoomata sul ghiacciaio
Idem
Un laghetto dal rifugio
Il Piz Boé visto dal rifugio
Zoomata sul ghiacciaio
Idem
Laghetto semighiacciato mentre andavamo verso il ghiacciaio
Panorama dal ghiacciaio
Eccoci arrivati al ghiacciaio!
Idem
Idem
I crepacci
Il rifugio dal quale sono partito a piedi visto dal ghiacciaio
Il Piz Boé visto dal ghiacciaio della Marmolada
I crepacci
Noi quattro tornati al rifugio con lo sfondo il Piz Boé
Il ghiacciaio rivisto un altra volta
In discesa sulla bidonvia
Panorama sulla bidonvia
Il lago Fedaia visto dalla bidonvia
Il lago Fedaia visto dalla bidonvia
Il lago Fedaia visto dalla bidonvia
Il lago Fedaia visto dalla bidonvia
Il lago Fedaia visto dalla bidonvia
Il Il lago Fedaia
L’acqua del lago Fedaia
La diga del lago Fedaia
Il lago Fedaia
Panorama
Panorama
In arrivo al passo Giau
I prati del passo Giau
Il passo Giau
Il passo Giau
I prati del passo Giau
La cappellina del passo Giau
La vallata di Cortina vista dal passo Giau
Idem
La Marmolda sullo sfondo vista dal passo Giau
Panorama di Cortina
Panorama di Cortina
Panorama di Cortina
Panorama di Cortina
L’Antelao
Da Guarda la pagina web http://www.extremecarforli.it/Serdes%2006/06-08%20ferrata%20+%20Marmolada/Marmolada.htm dalla quale è stata tratta l’immagine.
ADESSO PROVA A VEDERLE DA QUI:
>>>> http://groups.msn.com/cromatianum/general.msnw?action=get_message&mview=0&ID_Message=6
SERDES 5-16/08/06.
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